venerdì 25 gennaio 2013

SAN MINIATO FORMA URBIS



Il 6 dicembre 2012 a San Miniato, è stato presentato al pubblico, strenna natalizia della Cassa di Risparmio di San Miniato, il volume “SAN MINIATO FORMA URBIS, Le piazze ed il paesaggio di una città di collina.” 


A cura di Luigi latini, con testi dello stesso Latini, di Claudia Bucelli, Emilia Marcori e Claudia Massi e fotografie di Corrado Piccoli. Il libro è frutto di una ricerca iniziata qualche anno fa e che mi ha portato più volte a San Miniato, per documentare un luogo per certi versi spettacolare, soprattutto nella sua forma e nella sua appartenenza ad un paesaggio in parte ancora integro e non del tutto omologato a quella immagine di Toscana “mulino bianco”

ma ancora simile a quello mirabilmente raffigurato nel 1935 da Ottone Rosai nelle due grandi tempere purtroppo malamente conservate ed esposte nel bar della stazione di S. Maria Novella a Firenze.

Me le fece notare Luigi di ritorno da San Miniato diretti a Venezia, quasi una lezione magistrale sul paesaggio Toscano, in un contesto di degrado culturale indegno della nostra storia in cui un luogo minuziosamente progettato e soprattutto realizzato da uno dei più grandi architetti italiani del ‘900 appare violentato dal mercimonio di un fast-food ….. o tempora o mores!

Dopo la proiezione di un breve video realizzato da Matteo Frittelli montando una sequenza di mie foto, Mario Lupano, docente di Storia dell’Architettura all’IUAV, ha presentato il volume descrivendone il contenuto in modo semplice e lineare, parlando di una cittadina disposta su un crinale, introversa, riversa sulla strada nella sua veste pubblica, aperta sulla campagna nella veste privata.

San Miniato appare come un luogo disegnato dalle luci e dalle ombre, che continuamente ne modificano i contorni, nel corso delle stagioni ed anche delle ore del giorno.    






Mario Luzi nel 1954 così la descrive: “La piccola città si allunga sul crinale e dall’altra parte sulla valle dell’Elsa disseminata in lontananza di poderi e ville sui poggi mentre dai suoi margini estremi a sud-ovest guarda il più spazioso e desolato rincorrersi dei clivi verso le biancane di Volterra e della Maremma.










































Ma essa si apre soprattutto verso Pisa e l’occidente, e da quella parte riceve la gran luce che vibra o fumiga o languisce, ritta a tappe da sorrisi e da ombre, sul cammino ampio e fecondo dell’Arno. Tanto spazio attorno produce un silenzio che dove la città si allarga e vi sono orti e giardini diventa quiete, ma dove invece si rinserra sulle sue strade e nei suoi vicoli ristagna con invincibile uggia.”





Bello ed interessante è stato lavorare, come fotografo, ad un progetto, con la possibilità di interagire e dialogare con Luigi Latini che ne ha curato i contenuti.

Credo che il risultato sia visibile, sicuramente diverso dalle strenne natalizie a cui siamo abituati, raccolta di “belle” immagini, messe assieme quasi casualmente senza cura e progetto. Grazie Luigi.




mercoledì 14 novembre 2012

Dalla Siria solo 3 anni fa

Oggi ho guardato con profondo sgomento il reportage di Jerome Sessini, fotografo per l'Agenzia Magnum, http://www.magnumphotos.com/C.aspx?VP3=CMS3&VF=MAGO31_4&IID=2K1HRG787KRO, in ottobre 2012 ad Aleppo in Siria. Il lavoro è incredibile ma è quasi inguardabile per la durezza e per il fatto che non riesco a capacitarmi di quello che sta accadendo in un paese che solo tre anni fa mi aveva incantato: soprattutto per quella sensazione che avevo avuto di sentirmi sempre "a casa mia".
Allora, visto che voglio mantenere vivo il ricordo di un luogo che ha tradizioni millenarie così come l'ho vissuto, con entusiasmo e positiva sorpresa, vi posto qualche scatto fatto, appunto, 3 anni fa nel Suk di Aleppo.



Sono uscito presto la mattina per vedere come fosse il Suk e ho trovato un atmosfera sonnolenta di gente che pian piano apriva i propri negozi. Le prime due foto sono scattate quasi nello stesso punto di due foto di Sessini in cui si vede la terribile devastazione che ha cancellato con il sangue millenni di storia. Sono tornato nel pomeriggio e ho trovato un mondo incredibilmente ricco e bello per la gente che con il sorriso mi ha sempre accolto a braccia aperte.







giovedì 16 agosto 2012

NY Stories 2012. 5) The Bad Plus at the Lincoln Center Out of Doors.

Giovedì 2 agosto, dopo una giornata massacrante in giro per Manhattan con i ragazzi, mi ritaglio la serata con un preannunciato strepitoso concerto dei The Bad Plus alla Damrosh Park Bandshell, presso il Lincoln Center. L'atmosfera è bellissima, un sacco di gente che cena con panini, insalate, birra e altro, giovani, anziani, famiglie con bambini, scoppiatoni con l'occhio perso, donne mussulmane, all'aperto ascoltando la band di supporto e godendosi il cielo, che pian piano scorre tutte le tonalità del tramonto.


Arrivano The Bad Plus, un trio con al basso Reid Anderson, al piano Ethan Iverson e alla batteria David King. Il New York Times dice che la band è " better than anyone at mixing the sensibilities of post-'60 jazz and indie rock". nel corso di 10 anni di vita hanno riproposto decostruendo numerose covers di gruppi pop, rock, elettronica fino alla musica classica, includendo Stravinsky, Ligeti, Nirvana, Wilco e Pink Floyd.

Qui propongono una libera interpretazione dalla "Sagra di Primavera" di  Stravinsky, rinominata "On Sacred Ground: Stravinsky's Rite of Spring". la musica è accompagnata da una presentazione multimediale creata appositamente da due artisti.

Il risultato è strepitoso ed il pubblico acclama a gran voce.

mercoledì 8 agosto 2012

NY Stories 2012. 4) BASKETBALL AT WEST 4TH STREET PLAYGROUND

Da ragazzo sono cresciuto a pane e basket soprattutto giocando al campetto della parrocchia sfidando con gli amici le ire delle mamme e di più quelle del parroco che non riusciva mai a mandarci a casa.

NBA era qualcosa di esotico e favoloso di cui si parlava con la copia dei "Giganti del basket" di Aldo Giordani. E c'erano questi mitici playground in cui i vari Julius Erving si sfidavano d'estate.

A Manhattan, poco lontano da Washington Square c'è il West4th Street playground è l'atmosfera è mitica.

Ci sono arrivato un giorno in cui alle due del pomeriggio due squadre di ragazzini se le sono date di santa ragione sotto un sole torrido, mentre la fauna locale composta da altri giocatori, rasta men e strani personaggi commentava la partita in uno slang strepitoso condito da innumerevoli...bad words...!

Poi via alle squadre e giù botte....c'erano anche giocatori veri e l'atmosfera era da "He got game" di Spike Lee.



Mancava solo Ray Allen.


Un nero dal fisico incredibile dava spettacolo, frenetico e irruento e con una parlantina intercalata dalla tipica parola...fuck...inserita ovunque.

Che voglia di entrare in campo......

Queens NYC. 170th street.

Ho alloggiato per 14 giorni nel campus della St. John's University che si trova nel Queens, incastrata come un meteorite alieno nel cuore di una delle tante zone residenziali che cambiano di "tono" da una strada all'altra.

Il Queens, uno dei borough di NYC, è permeato di un'edilizia del tutto diversa da quella dell'immaginario legato alla NY = Manhattan. Tipiche residenze americane, diverse per ceto sociale, distribuite su di un'area vastissima, ma in qualche modo simili.

Quasi ogni giorno ho percorso velocemente questa piccola strada residenziale, la 170th street, per andare a prendere il Q46 per raggiungere  Kew Gardens da cui con la subway, linea E o F, andavo a Manhattan o Brooklyn.

White fence,  porch, il prato ben tagliato, il backyard e tutto l'immaginario forse un pò stereotipato legato alla casa americana, sfilava davanti ai miei occhi sempre meravigliati.